Nel 1700, tra le attuali via Bosco e via Ostiglia si estendeva, per 188 campi trevisani, un bosco di roveri documentato sia nei toponimi che nella cartografia. Per la Repubblica di Venezia rappresentava, assieme a molti altri, una risorsa fondamentale per l’Arsenale, tanto che nel 1458 era sorta un’apposita magistratura, il Provveditore alle legne e ai boschi. Nei decenni successivi viene istituita la riserva dei roveri e per questo, quelle del Montello e del Cansiglio diventano demanio pubblico. Nella Trevisana Bassa, che coincide di fatto con il bacino del Sile, a metà del Settecento rimangono solo 42 dei 105 boschi esistenti. Quello detto di San Marco, appartenente ai comuni di Morgano e Settimo risulta, assieme a quello di Ca’ Tron, di grande importanza e gode di un elevato grado di protezione. Nella Terminazione Gradenigo del 1749 è precisato che è «vietato qualunque taglio de’ Roveri per uso e ad istanza de’ Privati». Per impedire il furto del legname «viene concessa a loro Guardiani la permissione di valersi dello Schioppo». Dopo la caduta di Venezia (1789) il patrimonio boschivo della Serenissima viene sfruttato in modo indiscriminato. A fine Ottocento i roveri sono sostituiti dall’acciaio nella costruzione delle navi, ma la grande richiesta di traversine per le nuove linee ferroviarie decreta la scomparsa dei boschi residuali, compreso quello di Morgano. Nel Novecento, il suolo viene sfruttato per lo scavo della creta utilizzata dalla Fornace Carlesso. Successivamente alcuni di quei terreni vengono riportati in agricoltura, mentre gli stagni rinaturalizzati (Le buse de Carlesso) vengono inclusi nel perimetro del Parco Regionale del fiume Sile.